“Cosmo”

NON ESISTE SPAZIO SENZA ESSENZA, NON C’È ESSENZA PRIVA DI SOSTANZA,
E NON SI AVRÀ MAI SOSTANZA MANCANTE DI RAGIONE.
E DALLA RAGIONE, SALDATA ALLE SUE CAUSE, DECOLLA LA VOLONTÀ DI PLASMARE LE FORME,
DECISE COSÌ: VERTICALI E FLUESSUOSAMENTE TONDE, PROPRIO PER TRASFERIRE
L’INNOCENTE SFERICITÀ DEL METALLO PREZIOSO A SIMBOLEGGIARE IL COSMO CON LE SUE ENTITÀ,
RICOLME DI SCIENZA ESTRANEA AL NOSTRO MINUSCOLO PIANETA.

“Sguardo Profondo”

LA FIGURAZIONE DELLE ANATOMIE, COME GLI IDENTIFICABILI SEGNI DELL’INFORMALE,
APPARTENGONO ENTRAMBI ALLE “AVVENTURE” PRIMA ASSAPORATE E POI
COSTRUITE CON LA VALENZA DELLE MANI.
SU TALE BIFRONTE RISULTATO, LA CREATIVA ENERGIA DELL’AUTORE SI IMMERGE
NELLE PROFONDE ANSE DELL’ONIRICO: UNICA ESSENZA CHE ACCENDE
LA SUA FANTASIA CONIUGANDOLA CON LA POTENZA ESECUTIVA.

” Sguardi Indiscreti”

OCCHI E PROFILI; PROFILI ED INCISIONI; INCISIONI ED IDEE;
IDEE E CONCLUSIONI.
DA QUESTO FILTRO DI RISULTATI, CHE ESPRIMONO L’ANIMA CREATIVA
(AL RIPARO DALLA PROSTITUZIONE IN CUI SVENDONO CERTE INVESTITURE RICEVUTE),
LO SCULTORE DIFFONDE LA DIGNITÀ CHE LO ONORA.
TANTI OCCHI LO SERVONO NELLA VIGILANZA,CHE VUOLE
LA SUA MANO LEALE CON IL CUORE.

“Hand” le mani dell’amore

VETTORE DI PACE, GIURAMENTI, PRATICITÀ E MOSSE ETEREE,
ESTREMITÀ COMANDATA A RACCOGLIERE, MOVIMENTARE O TRASFERIRE LE COSE!
MEZZO TENERO PER ACCAREZZARE, CRUDELE PER FERIRE O UCCIDERE,
SOGNANTE PER RAFFIGURARE LE FANTASIE DELLA MENTE!
PROPAGGINE IRRINUNCIABILE PER VIVERE LA VITA ASSIEME ALLE
ANIME E CON LE COSE COMPAGNE DI TUTTI I GIORNI!

“Luci di vita”

I lampi lucenti che percorrono il corpo materiale dell’arte
scolpita, impongono una parentesi dentro le nicchie d’ogni
ispirazione creativa.

Sono attese e sono rimandi; solo reflussi e sono carenze; sono
colori e sono monocrome risultanze; sono velocità e sono lento
recupero; sono esplosioni e sono spegnimento; sono tutti e
sono poco; una cosa però è certa: sono innanzitutto il ritmo
perenne, che l’artista è giusto a domare nella materia.

Luci di vita celebra la vita e l’amore che accompagna ogni nuova vita, portando speranza, gioia e luce nella vita di ogni bambino e della sua famiglia. Un’opera che incarna la bellezza e la purezza dell’amore materno e paterno, e che rappresenta un augurio di felicità e prosperità per il nuovo nato.

“Congiunto all’Universo” Le mani dell’amore

Padova 17 maggio 2011

Opera scultorea collocata a vita nella collezione permanente del Museo agli Eremitani di Padova “Giardino delle Sculture” presso la Cappella degli Scrovegni, capolavoro di Giotto, al quale l’opera si ispira attraverso la citazione del cerchio.

“Le Mani dell’Amore” è una scultura simbolica che incarna i valori di pace, accoglienza e spiritualità universale.

E’ un’opera viva e mutevole ed il metallo si trasforma e cambia “pelle” in funzione del tempo. Dalla terra escono le vene della vita ed innalzano la mano del cuore dell’uomo e della donna non c’è supremazia ; unendosi e congiungendosi all’ Universo , al “tutt’uno”. Due mani aperte e speculari, tese verso il cielo e verso l’altro, simboleggiano l’unione tra essere umani e la forza del gesto d’amore che si dona senza condizioni.

Su ogni dito, un cerchio perfetto rende omaggio alla genialità di Giotto, richiamando il celebre “cerchio perfetto” tracciato a mano libera, simbolo di equilibrio, perfezione e spiritualità artistica.

L’opera si fonde armoniosamente con il contesto storico e mistico del giardino, divenendo ponte tra arte conteporanea e memoria sacra, e inserendosi nel cuore di una città che custodisce i segni indelibili del genio giottesco.

Giotto pensava in tridimensionale , è giusto che tale connubio lo onori per sempre , con l’acciaio nobile più dell’oro.

“Chi Scia sa Volare”

Val di Fiemme 2013 

L‘arte che ha scolpita dentro la musica dello sport

Opera scelta dal Comitato Organizzatore dei Mondiali  di Sci Nordico Val di Fiemme 2013 come unico simbolo artistico ufficiale della manifestazione.

 Chiedere  ad  Angelo Morucci e Mario Venturini, uniti nell’acronimo “MVartindesign” ( binomio di artisti che l’hanno prima ideata e poi “vivificata”con la loro forza esecutiva), il perché di tanti materiali di pregio nel realizzo della scultura

“CHI SCIA SA VOLARE”, sarebbe come si fosse chiesto a Michelangelo la ragione per cui i suoi capolavori prevedevano esclusivamente il marmo delle Cave di Carrara, quale materia prima da scolpire.

C’è sempre stata la ragione di una “somma dignità” fra le logiche che hanno ispirato certe scelte d’Arte.

Il fatto che alcuni movimenti artistici contemporanei adottino “componenti poveri” nella loro attività, non significa che applicarsi su materie di alta caratura, abbia significati diversi.

Se il Buonarroti s’imponeva che il suo “DAVID” o “LA PIETA’” assolvessero con il massimo livello di qualità all’importanza delle commesse ricevute, destinate peraltro all’immortalità, non di meno i nostri autori hanno sottovalutato la valenza della manifestazione, di cui la scultura è simbolo e tessuto ispirativo: i prossimi “Mondiali di sci nordico” in Val di Fiemme.

Acciai ad alta resistenza e leghe di alluminio d’impiego aeronautico o automobilistico sportivo, accorpati con le fibre di carbonio, sono stati plasmati dai due maestri in una visione realistica ed eterea nel contempo.

La curvatura e la tridimensionalità delle linee consegnano una volumetria dalla distinta lettura, ”preziosa” proprio perché ha il significato dello sport quale nucleo accentratore dei fermenti di pace e integrazione: unico antidoto all’attuale decadenza che ricatta il nostro futuro.

A lato di essa “discendono” tre atleti, incontrando nello sforzo competitivo quell’eleganza artistica che determina in proprio lo stile e la caratura del manufatto scultoreo.

Materiali aristocratici per definizione, incoronati nella lucentezza dalla finitura, ottenuta con polveri diamantate ( nessuna saldatura ne trattamenti galvanici a semplificare il lavoro ) aggregano la complessità  della struttura con la semplicità dell’usufrutto visivo.

Al centro poi la “cassa di risonanza” in abete selezionato della Val di Fiemme, ideata da Fabio Ognibeni ( Opere sonore ) , è magico amplificatore di suoni inimitabili, omaggiati nei secoli dagli “Stradivari” e dai “Guarneri del Gesù” costruiti con lo stesso legno natio della valle.

Armonie uniche, per trasferire note ( e commozioni ) non solo all’udito , ma in comunione con gli altri sensi, a tutta la percezione umana ed al cosmo ambientale che la contiene.

Esecuzione di alto standard quindi, interfacciata fra il dovere di celebrare la Val di Fiemme tradizionale ( inventariandone i titoli di ecologia, di culture integrate e di storia millenaria ) e la realtà attuale, con la capacità ben evidenziata di sapere organizzare i mondiali nel modo migliore.

Oltre a quella poi di esibirla come culla di ospitalità per un turismo moderno e pluristagionale, che premierà le doti autoctone della Valle stessa.

“CHI SCIA SA VOLARE” : risultato di abilità artistica fuori dal comune quindi, che onorerà le capacità dell’atleta migliore della competizione, ma che resterà pure come museografica testimonianza dei meriti degli artisti realizzatori, determinati nella sua fattibilità. Simbiosi rara di bellezza e di significati, così limpidi e trasparenti da estrarre ammirazione, condita di gratitudine.

Maurizio Quartieri

“Chi Scia sa Volare” La gazzetta di Modena

La scultura dei modenesi Morucci e Venturini esposta ai Mondiali di fondo in Val di Fiemme

16 febbraio 2013 — gazzetta di Modena pagina 18 sezione: Nazionale

È di Angelo Morucci e Mario Venturini la scultura sonora “Chi scia sa volare” che, dedicata ai Campionati del mondo di sci nordico in Val di Fiemme, viene esposta, da domani al 31 marzo, con 30 strumenti musicali classici di alto pregio, a Cavalese nel Palazzo Magnifica Comunità di Fiemme. Un’opera in acciai ad alta resistenza e leghe di alluminio d’impiego aeronautico o automobilistico sportivo che i due artisti (viterbesi di nascita ma modenesi di adozione, in quanto vivono ed operano in città da circa 20 anni), uniti nell’acronimo “MVartindesign”, hanno appositamente creato per questo evento internazionale. Una struttura che afferma un operare proprio dei grandi maestri che scolpivano con sapienza il marmo e la pietra. E i due modenesi, presenti alla Biennale di Architettura di Venezia nel 2010 e 2012, si pongono sulle loro orme scavando da blocchi di leghe speciali di estrema durezza per trarre elementi che, accorpati con fibre di carbonio, offrono una rete ampia di punti di osservazione, di rapporti e prospettive per meglio esprimere una ricchezza di vita e di significati che il critico Maurizio Quartieri ben indica. A partire dai “tre atleti che discendono (a lato della scultura), incontrando nello sforzo competitivo quell’eleganza artistica che determina in proprio lo stile e la caratura del manufatto artistico, con la curvatura e la tridimensionalità delle linee che consegnano una volumetria dalla distinta lettura, “preziosa” proprio perché ha il significato dello sport quale nucleo accentratore dei fermenti di pace e integrazione”. La raffinata eleganza dell’opera, determinata anche dalla luncentezza della finitura per l’impiego di polvere diamantate, non nega l’adesione ad una realtà viva e il senso e valore della memoria culturale da individuare, al centro della scultura, nella “cassa di risonanza” in abete selezionato della Val di Fiemme, ideata da Fabio Ognibeni, che è magico amplificatore di suoni inimitabiili, omaggiati nei secoli dagli “stradivari” e dai “Guarneri di Gesù” costruiti con lo stesso natio della valle. Per Morucci e Venturini, con showroom in via Copilupi 21 (Direzionale Toscanini), è necessario fondere le esigenze dell’arte nell’esistenza, attraverso un’opera astratta che, nella dimensione sonora, acquista connotazioni di attualità. E ciò sostiene anche le altre sculture, come “Congiunto all’Universo” collocata nella collezione del Museo agli Eremitani di Padova “Giardino delle Sculture”, presso la Cappella degli Scrovegni, capolavoro di Giotto al quale si ispira, riprendendo in alcuni elementi la forma perfetta del cerchio, e “Il ciclista volante” omaggio a Salvatore Morucci, campione del ciclismo degli anni ’50, esposta a Roma nel Palazzo Doria Pamphili e poi a Pechino. Dopo la mostra a Cavalese, la scultura “Chi scia sa volare”, esposta al Museo Mart di Rovereto e alle Gallerie di Trento, con la coppa del mondo di sci (cristalllo) e le tre medaglie Fis, sarà donata alla Federazione Internazionale di Sci e troverà posto, in permanenza, al Museo di Losanna.

Michele Fuoco

“Il Ciclista Volante”

“E volò nella Luce”

a Salvatore Morucci

Esistono fatti, spesso appartenenti alla vita di altri, che detengono invece la condizione di incatenare l’interesse più ampio , coinvolgendo soggetti , all’apparenza esterni a quanto accaduto.

E’ il caso di un doloroso incidente di sport, avvenuto il 26 settembre 1961.

Al tempo il ‘Messaggero titolò : “ Salvatore Morucci, muore correndo la  ‘Coppa Trani  ‘ ”.

L’onorevole Giulio Andreotti, amico di famiglia e notoriamente sensibile ai problemi dello sport e della gioventù, espresse per telegramma il suo dolore :

“Condoglianze alla famiglia del nostro compianto Salvatore Morucci”.

Quel giorno appunto, sulla strada Maremmana,  Morucci, uno dei ciclisti dilettanti più promettenti e dotati di classe , perdeva la vita  scontrandosi in corsa  fra Monteporzio e Frascati, contro un autocarro.

Dalla notizia , drammatica nella sua giornalistica sintesi informativa, è decollato il mio interesse per la figura di questo significativo protagonista delle due ruote.

Ventinove  anni di gioventù ideale , permeata di entusiasmi ; una giovane moglie, custode delle tradizioni di famiglia; un figlio appena nato ; la strada spalancata verso il professionismo ( le sue costanti vittorie facilmente la promuovevano). Nondimeno andava catalizzandosi la popolarità, maturata dalla sua naturale simpatia, che connetteva tali effetti fra loro con sinergica forza.

Tutto ciò è bastato perché la mia amicizia con il figlio Angelo, armata dalla passione per la bicicletta, arrivasse a stendere questa celebrazione postuma.

….“ E volò nella luce “,…. ho perciò titolato l’articolo che state leggendo.

Ho sentito talmente forte l’impegno, che mi sono sistemato accanto a lui nell’ultima corsa : quella che ha fatto della sua figura un simbolo di purezza olimpica, che oggi non esiste più.

Quasi fossi il suo allenatore , vigile dall’ammiraglia scoperta, ora sono accanto a lui , come vivessimo assieme il presente di allora. In quella giornata di tiepido sole , divento la sua ombra , mentre è in svolgimento una “classica” per dilettanti : “La Coppa Trani” , organizzata ogni anno dalla ciclistica Centocelle.

Eccolo, lo vedono bene i miei occhi, irrorati dalla fantasia: essi non rinunciano ad alzare il proprio mito sul podio dell’onore!

Lo scorgo nella maglia giallorossa dell’Associazione Sportiva Roma, il gruppo agonistico poliattivo , che accorpa la passionalità popolare della Capitale , nella più decisa conformazione all’idea sportiva. Eccolo con quella maglia di “lanetta autoctona”, economica , democratica , forse “bruttina” (anzi bellissima) nelle sue cuciture sbilenche e un po’ sformate, ma pur sempre conformi a quell’Italia, che per uscire dalla guerra, stava ancora correndo in salita!

In pratica un’uniforme di lealtà e di pulizia morale, ed un distinguo netto dalle manovrette e dai mezzuncoli di moda oggi per affermarsi, ingannando l’etica dello sport.

Osservo stupito la “fama” in sella di GIACCHETTINO, come lo hanno sempre salutato i suoi tifosi, sul passo, in salita od in discesa, avvinto al suo destriero meccanico.

“…E volò nella luce”, proprio perché oggi, giorno a lui fatale, “Giacchettino” è vestito dall’impalpabile luminosità del valore sportivo, fasciato nella propria divisa della Roma.

Egli è dunque all’inseguimento di Marzullo e Brigliadori , i due soli corridori che lo precedono nella fase finale della competizione, ed io lo inquadro, assolutamente percepibile in ogni suo atto.

La discesa è impegnativa , ma non impossibile e Morucci l’affronta con il solito piglio, partorito da tante occasioni similari.

Lo intravedo dentro quella sua “maglia di lanetta” , con la scritta “Roma”, sbottonata sul collo e impregnata  di quel sudore “giusto”, che la gioventù dispende sempre nelle proprie fatiche di sport volontario.

Le mani sono robuste nel domare il manubrio , fino a farsi quasi scoppiare le vene: azione pertinente a chi, come Salvatore, guarda ancora alle cose sacre della vita.

Queste mani indossano i guanti a “mezzodito”, per non slittare sulle spirali di nastro isolante che avvolgono il manubrio, asse fondamentale per quella rincorsa.

La testa istintivamente piegata in basso, rileva le variazioni d’asfalto ed ogni tanto si rialza, con riflesso meccanico, per replicare ciclisticamente alla serie sopravvenuta di curve da affrontare.

Chissà se il suo ” calcolatore cerebrale”, sensibile a tali informazioni di rotta, ha riservato pure uno spazio per “pensieri primari”? Intendo quelli che soggiornato in una nicchia fuori dalla gara : la moglie, il figlio Angelo (chiamato così perché c’è sempre stato il  “volo” negli spazi di Morucci) e tutto ciò che accorpa le “cose buone” di famiglia, quali il futuro , la carriera fra i “Prof” (chissà se al fianco di Coppi, Bartali o Magni?) sperando che , dall’impegno profuso, arrivi un solido benessere per loro.

Le caviglie, nervose e ricettive ai comandi provenienti dall’alto, spingono intanto sui pedali con volenterosa insistenza, per recuperare il “deficit” di secondi, pagato ai due fuggitivi ancora in testa alla corsa.

Oggi la tecnologia al servizio dello sport, offre i  “ fermapunte” a scatto automatico, che incatenano il piede al pedale , ma al tempo di Salvatore le “cinghiette” ogni ciclista doveva stringerle da solo, con gesto abitudinario : tutta lì , in questi gesti semplici ma importanti, la romantica epopea del ciclismo antico.

E così la nostra riconoscenza corre a dire “Grazie” proprio a quei “codici di mestiere, gestiti dal sellino, che i devoti della bicicletta da corsa sanno con immediatezza riconoscere!

La Maremmana poi,  è strada “innocente” per l’ospitalità prestata alla corsa stessa, ma pure teneramente  “colpevole” ,per quel gravoso percorso (disegnato tutto a curve e controcurve) , così difficile da assecondare con la bicicletta, assai meno stabile d’una motocicletta, che corre  assistita dal freno motore.

Continuo ad osservare Morucci e lo scopro a tergersi il sudore dagli occhi, usando il palmo della mano come una spugna. Nessun sorso d’acqua invece; egli si mostra spietato persino per il proprio corpo : c’è l’istinto di vittoria che fuoriesce da cuore e cervello , ma invero esso è sordo ai bisogni della fisicità.

Morucci rialza ora la testa, quasi a fermare le stramberie dell’asfalto, scolpite sulla Maremmana. Egli si adagia lesto a sinistra, accompagnando nella sezione di circonferenza della curva , il piagnucolio gommoso del “palmer” anteriore.

Passata ! Arriva quindi un breve rettilineo, affogato nel verde bosco laterale , poi nuovamente una curva a dritta, infilata dal nostro campione con la classe che tutti gli riconoscono.

Chissà cosa in simbiosi direbbe  “il Fausto” se vedesse come filo oggi ! , pensa e parla Salvatore virtualmente in simbiosi con se stesso, mentre inchioda il manubrio con le mani, imponendosi però di non toccare i freni. Gli accorcia il ragionamento l’ingresso ad un tornante dall’inusuale pendenza, tutto curva a sinistra.

“Alè!” , si sprona il nostro beniamino, proiettando la ruota sul profilo esterno dell’asfalto, con il metodo tutto suo,  attivato dalla precisione matematica.

“Se non li riprendo quei due , e non li stendo allo ‘sprint’ , me magno un gatto morto de 4 chili!” ironizza, chiedendo aiuto alle proprie possibilità sportive ed alla certezza di farcela anche oggi.

Ma (crudele), lo attende invece una stretta svolta a destra , vile e  deturpata da buche.

Morucci percepisce immediata la scossa, trasmessa dal manubrio in tutto il corpo, ma con un rapido alleggerimento del peso sul sellino, supera indenne anche questa difficoltà.

“Chissà dove saranno quei due?” si interroga , mentre le gambe instancabili s’accartocciano di nuovo sui pedali.

Ora si proietta giù verso la pianura, dove cercherà di far sentire il fiato sul collo ai fuggitivi. Sa tutto di quel percorso il nostro “cauto ciclista”, eppure il destino mostra a sua volta con chiarezza , che ciò non conta a pareggiare i calcoli spietati, che esso stesso compone sulla scacchiera della vita.

Gli avvenimenti gravi che distruggono un’esistenza , avvengono spesso per un fattore imponderabile, e non solo per gli errori del soggetto colpito.

“E volò nella luce!..”

E’ così che la sagoma del grosso furgone  (per la cronaca di un ‘Om’ Leoncino di colore blu, targato ROMA 425164) si materializza di colpo sulla scena.

Esso compare di traverso alla linea di corsa della bicicletta, addirittura contromano.

Davanti all’imprevisto, Morucci “ragiona” nuovamente da professionista, tanto è

sicuro della propria esperienza.
Si proietta quindi a sinistra , per allontanare l’imprevisto ostacolo,  preparando il corpo alla caduta, nell’ipotesi peggiore

Non prevede però che l’autista, a sua volta, spinge il mezzo a destra in un istintivo riflesso, tagliando a Salvatore la strada verso la salvezza e diventando di fatto il suo involontario carnefice.

Preferisco arrestare qui il “film mentale”, da me proiettato su quella giornata  luttuosa.

Se una biografia si fa troppo dolorosa, urge reciderla negli aspetti più insopportabili che la assillano.

Meglio comprendere che l’ultimo atto non è quello che testimonia di Morucci sanguinante sull’asfalto, con il proprio “cavallo a due ruote”  lacerato al fianco.

Il quadro estremo immortala invece l’atleta  in volo , fasciato dalla gloria accumulata nello sport del pedale.

… “E volò nella luce…”, proprio così! Sì , tu sei asceso nella luce , Salvatore Morucci, direttamente nel paradiso dei ciclisti , su quella strada dolce ove non si assume l’Epo o gli ormoni illegali.

Infatti tu e gli altri ciclisti “giusti”, lassù nella gloria , indossate ancora  e per sempre la “maglia di lanetta”, intrisa di sudore , mentre vi chinate a stringere le cinghie dei pedali , col semplice tocco delle dita, in attesa di lanciarvi per un’altra vittoria allo “sprint”!!

Maurizio Quartieri

 

“Calix Franciscus”

Dedicato a San Francesco D’Assisi e al Santo Padre Francesco
In occasione della prima visita del Pontefice Francesco ad Assisi e nell’ambito della mostra “Il miracolo del pane e del vino” curata da Laura Villani, gli artisti Angelo Morucci e Mario Venturini, realizzano “Calix Franciscus”. L’opera nasce da una profonda analisi della interiorità dell’essere umano, dalle radici Cattolico Cristiane come fondamento della spiritualità dell’individuo.
In “Calix Franciscus ritroviamo un forte simbolismo rappresentativo degli
emblemi della Cristianità quali il Calice, l’Ostia e la Croce.
Come sostegno l’Ostia, che, spezzata in due a formare una Croce, compone il basamento dell’opera e figurazione del Corpo di Gesù Cristo e della Cristianità. Dall’ostia nasce il Calix: una coppa esagonale, dalle facce asimmetriche e rappre-sentative dei sei continenti. Su quattro facciate vengono riproposte delle
scanalature a forma di arco, caratteristiche dell’architettura della Basilica di San Francesco di Assisi, città natale del Patrono.
Da qui la scelta del nome di Franciscus, come omaggio al Pontefice e al Santo della città di Assisi, fonte d’ispirazione per la creazione di questa scultura.

“Concordia Universale” Le mani dell’amore

“Cuore infranto”

“Abissi””

“Pianeti”

“Il tempo che passa” le mani dell’amore

“Cuore alato””

“Sguardo solare”

“l’impronta”

“Universo a Galileo Galilei”

“Sguardo scomposto”

“Concordia universale” le mani dell’amore

“Trinity” le mani dell’amore