Ad Angelo Morucci e Mario Venturini

Che l’arte sia stata sempre l’unica energia dispiegata dall’uomo per connettersi con il sublime, è una conoscenza radicata in tutti coloro che l’arte stessa amano o praticano. Forse che qualche maestro di livello superiore abbia osato mirare addirittura al Divino? Supportato in ciò dall’ardua difficoltà di trarre “l’essenza lavorativa” da materie oltremodo faticose, per asservire alla propria manuale genialità. E’ una ipotesi da non disperdere!

Esistettero, infatti, artisti plastici (Dalla Quercia, Della Robbia, Begarelli ) che mossero i loro polpastrelli sull’argilla fresca, plasmandola in immagini stupefacenti.

Non mancarono “fonditori” da sogno (Cellini, Jean de Bologne), che scomposero nel calore dei loro crogioli le resistenti molecole del bronzo, per poi recuperarle solide dai modelli, nella nuova identità di capolavori.

Resta in tutti però la convinzione che artisti, quali gli scultori del marmo o della pietra (debuttando dagli anonimi esecutori del neolitico, attraverso Fidia, Prassitele, Wiligelmo, Nicolò Pisano e Donatello, per arrivare “all’inavvicinabile” Michelangelo ) avessero una “marcia in più” per imporsi!

Senza dimenticare gli “estri” moderni (Brancusi, Archipenko, Moore) o contemporanei, come tanti bravi artisti che oggi operano ai piedi delle Apuane, cesellando blocchi ben più grandi di loro.Tutti “Ardimentosi” che non profusero mai paure e che pure al presente, davanti a quei colossi lapidei, perseverano nel trarne figure “misurate” dalla bellezza.

D’altra parte era lo stesso Buonarroti ad affermare che dentro la massa calcarea, la “sagoma immaginata” era già visibile e che occorreva solo spolverarla (a colpi di scalpello, naturalmente), del superfluo contorno che la assediava.

E’ così che più dura è la composizione da lavorare, e maggiore è la considerazione meritata dal maestro, da assommare al proprio valore artistico.

Tutto ciò, per evidenziare le complicazioni che devono soluzionare gli autori Morucci e Venturini, che, (in coppia) la loro “arte”, sradicano dall’acciaio, oppure da altrettante nobili leghe aventi durezza e resistenza temprate all’estremo.Scavare dentro la robustezza meccanica, a “4 mani”, come riesce a loro nel laboratorio MV Art in Design, combattendo in delicatezza contro le difese che la metallurgia in questione gli contrappone, non è un lavoro agevole.

Essa, se non proprio stuprata, si sente “insinuata” dagli stessi, attraverso azioni d’arte mai conosciute in precedenza. Resta il fatto che quella dura sostanza, persa la verginità, si esprime in tutta la sua bellezza!

Se è vero, come attestano le filosofie orientali, che ogni briciola o molecola di questo mondo, viva o inerte che sia, possiede un’anima, è bello idealizzare quanto sia di fatto appagante la “fatica” spesa dai due maestri dentro i contorni di quel materiale, esplorandovi per primi la desiderata forma d’arte, che l’ispirazione ha già da tempo consegnata alle loro menti ed al loro cuore.

E’ così che i due artisti si mutano in attenti ”chirurghi”, pronti ad operare sulle geometriche piastre d’acciaio : partono con un’immancabile carezza iniziale, con la quale omaggiano il blocco all’arrivo, per poi “ferirlo” (usando dolcezza, e solo quella) di colpi mai violenti, avendo gli stessi già predisposte le proprie rotte da percorrere e i relativi traguardi da raggiungere.

Osservarli al lavoro, incanta : non esiste sconquasso o lacerazione anatomica nei loro gesti ; non si muove alcuna forzatura od arbitri di contrari ai “sacri testi della scultura”, rispettati da millenni : essi sono attenti che un’incertezza, od all’opposto una fretta impropria, non tolgano un senso compiuto o degradino una risultanza all’opera.

Il loro atelier è una “camera operatoria”, in cui le garanzie di igiene e sterilità sono surrogate dalla precisione d’arte e dalla cura per i particolari deliziosamente estratti dal pieno. La carne metallica, incisa dal “bisturi-utensile” scivola in terra, onorata di spalancare la strada della segretezza perimetrale che ancora cinge l’immagine e la sua beltà.

L’enorme simbolismo del “pieno”, che deve vocazionalmente essere “smagrito” dal superfluo, a sua volta in possesso d’incancellata solidità, configura di fatto la guerra più ”bella” ( o se preferite l’intervento di medicina operatoria più avanzata), che una mente attiva possa concepire! La brillantezza, trasportata sulle superfici dalle paste diamantate, richiama poi l’ossequio più elevato, ovvero la realtà d’una superba e superiore seduzione verso l’opera ottenuta! La si veda come il “bagno di Venere” o “l’elogio della perfezione” : in fondo altro non è che un’ ulteriore moina, il vezzo di chiusura all’ennesima scultura lì concepita dal comune istinto dei due artisti per mirare al “Kalos”!

Sono la luce specchiata dei riflessi, la brillantezza monocroma del metallo, oltre alle curve e alle linee inusuali, che all’originalità apportano il raro e prezioso capitale della gravità strutturale a fare la differenza! Pesano di vaghezza e simbolismi e valore d’arte queste sculture!

Va letto così, il significato sidereo e leggiadramente “complicato” di questi lavori, in cui “segno e sogno” affidano le loro componenti ad altrettanti denominatori, fra loro gemellati :

Amicizia e Amore;

Forza e Fede ;

Arte e Affezione ;

Mente e Metalli ;

Senso e Significati;

Concordia e Consenso ;

Comunione e Cultura ;

Bizzarria e Bellezza … e si potrebbe insistere ancora!

Insomma, Morucci e Venturini dispiegano ogni amalgama dell’artistico, riuscire a sublimare l’assoluto!

Avanti Maestri!